Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: limiti nella rilevazione delle circostanze attenuanti –

Cass. pen., sez. I, 9636/2016

La Prima Sezione ha affermato, in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che non è configurabile l’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità in ragione del modesto importo del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito.

In tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non è configurabile l’attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità in ragione del modesto importo del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito.

In tema di atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso di stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato o di altro Stato della Unione Europea e, in generale, in tema di favoreggiamento della immigrazione clandestina, in considerazione della natura, della entità e della importanza della messa in pericolo degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, la modestia del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito al soggetto attivo del reato, per remunerare la condotta delittuosa, non comporta il riconoscimento della attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità.

          SVOLGIMENTO DEL PROCESSO:

  • Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Imperia, con sentenza del 24 settembre 2015, ha dichiarato B.A.A. colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 1, comma 3, lett. a), e comma 3 ter, lett. b), a lui ascritto per avere compiuto atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio francese di quattordici cittadini extraunionisti di varia nazionalità, con l’aggravante del numero dei soggetti agevolati e del fine di trarne profitto, e lo ha condannato, alla stregua dei parametri di cui all’art. 133 c.p., considerato l’aumento per le aggravanti e riconosciute le attenuanti generiche e l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione e di Euro centocinquantamila di multa (pena base: anni sei, mesi nove di reclusione ed Euro 375.000 di multa; ridotta ad anni quattro, mesi sei di reclusione ed Euro 300.000 di multa, per effetto delle circostanze attenuanti generiche; ulteriormente ridotta ad anni tre di reclusione ed Euro 225.000 per l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 4; e, infine, commisurata nella misura indicata per la diminuente del rito abbreviato).

    Il Giudice, in ordine al trattamento sanzionatorio, riteneva in particolare – e per quanto qui rileva – che concorresse, colle attenuanti generiche, la attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità e, in proposito, argomentava che, laddove trattavasi di atti diretti a procurare l’ingresso clandestino in Francia dei migranti e la condotta delittuosa era frutto di un accordo estemporaneo, concluso in prossimità del confine, senza collegamenti con le fasi anteriori della migrazione, l’entità del profitto lucrato dall’agente era modestissima, in quanto i migranti avevano corrisposto per il trasporto oltre frontiera il compenso di Euro 50.

    2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Imperia ha proposto ricorso per cassazione, deducendo erronea applicazione di legge in relazione al riconoscimento della attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.

    Secondo il ricorrente, il Giudice è incorso nella dedotta violazione poichè il pregiudizio cagionato ai soggetti clandestini, in relazione al reato di pericolo a consumazione anticipata contestato, anche annoverandolo come reato plurioffensivo, non poteva ritenersi lievissimo ovvero di valore economico quasi irrilevante, dovendo tenersi conto del complessivo danno patrimoniale occorso agli stessi, privi di uno stabile radicamento, reddito legittimo e attività lavorativa nel territorio nazionale, e degli effetti pregiudizievoli ulteriori e definitivi della condotta.

    In ogni caso, nei reati determinati da motivi di lucro ma non strettamente contro il patrimonio doveva apprezzarsi l’entità del danno economico, che doveva essere non grave, oltre a ogni caratteristica della condotta, all’atteggiamento soggettivo del reo e agli eventi dallo stesso determinati.

          MOTIVI DELLA DECISIONE:

  • Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

    2. Si rileva in diritto che nella giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione si è recentemente riaffermato il consolidato principio di diritto, secondo il quale, in tema di disciplina della immigrazione, il delitto di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, consistente nel compiere atti diretti a procurare l’ingresso illegale di una persona nello Stato, ha natura di reato di pericolo o a consumazione anticipata ed è del tutto irrilevante il conseguimento dello scopo (tra le altre, Sez. 1, n. 27106 del 16/06/2011, Giurato, Rv. 250803; Sez. 1, n. 1082 del 04/12/2008, dep. 2009, Malik, Rv. 242487; Sez. 1, n. 38936 del 03/10/2008, Sasu, Rv. 241384; Sez. 1, n. 38159 del 23/09/2008, Dimcea, Rv. 241130; Sez. 1, n. 10716 del 28/02/2008, Policiuc, Rv. 239565; Sez. 1, n. 10255 del 28/02/2008, Petrica Constantin, Rv. 239239; Sez. 1, n. 11702 del 28/02/2008, Gradinari, Rv. 239166; Sez. 1, n. 34053 del 06/10/2006, Buza, Rv. 234803), e si è rimarcato che detto delitto, indipendentemente dal verificarsi dell’evento, si perfeziona per il solo fatto che l’agente pone in essere, con la sua condotta, una condizione, anche non necessaria, teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato, rappresentando la situazione di pericolo l’oggetto giuridico della norma incriminatrice (Sez. 1, n. 28819 del 22/05/2014, Pancuni, Rv. 259915), ed essendo dalla stessa sanzionato proprio il compimento di attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato, in difetto dei presupposti di legge (Sez. 5, n. 6250 del 21/01/2004, Vasapollo, Rv. 228087).

    Tale condivisa opzione interpretativa è strettamente correlata, nei richiamati arresti di legittimità:

    – alla ricostruzione della genesi della norma incriminatrice, e segnatamente all’ampliamento della sfera di operatività del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 1, per effetto della L. 30 luglio 2002, n. 189, con la previsione che la fattispecie criminosa non è soltanto integrata dalle condotte dirette ad agevolare l’ingresso in Italia di stranieri extracomunitari in violazione della disciplina della immigrazione, ma ricomprende anche quelle condotte finalizzate a permettere l’ingresso illegale in altri Stati, con anticipazione della tutela rispetto al momento dell’attraversamento della frontiera, senza che possano assumere rilevanza la durata o le finalità dell’entrata o del transito, nè tantomeno la direzione o la destinazione finale dello straniero in transito (Sez. 1, n. 10255 del 28/02/2008, citata);

    alla ragione giustificativa dell’intervento riformatore, “individuata nell’esigenza di realizzare una cooperazione internazionale diretta al controllo e al contenimento degli imponenti fenomeni migratori, anche nello spirito dell’accordo di Schengen del 19 giugno 1990, reso esecutivo dalla L. 30 settembre 1993, n. 388” (Sez. 1, n. 34053 del 06/10/2006, citata, in motivazione);

    – agli elementi di ordine letterale e logico, che, valorizzando la portata della disposizione normativa, sottolineano l’operata tipizzazione delle “condotte agevolatrici, consistenti in atti preparatori, (…) in funzione della univoca finalizzazione all’ingresso illegale dello straniero in altro Stato”, oltre che nel territorio dello Stato italiano, e la riconduzione in tale sola finalità del disvalore della condotta sanzionata (Sez. 1, n. 38936 del 03/10/2008, citata, in motivazione), alla luce dei beni giuridici tutelati, come la sicurezza interna e la disciplina del mercato del lavoro (Sez. 6, n. 81 del 23/11/2004, dep. 2005, Tahiri, Rv. 230776).

    2.1. Sotto concorrente profilo, la giurisprudenza di legittimità ha rappresentato che la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, nel testo novellato dalla L. 7 febbraio 1999, n. 19, art. 2, alla cui stregua, attenua il reato “l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”, è applicabile a ogni tipo di delitto che comunque offende il patrimonio o la cui perpetrazione è determinata da motivi di lucro, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purchè la speciale tenuità riguardi congiuntamente sia l’entità del lucro (conseguendo o conseguito dall’agente) che l’entità della lesione (evento dannoso o pericoloso subito dalla vittima) (tra le altre, Sez. 5, n. 36790 del 22/06/2015, Palermo, Rv. 264745; Sez. 5, n. 9248 del 14/10/2014, dep. 2015, Seck, Rv. 262962; Sez. 3, n. 2685 del 12/10/2011, dep. 2012, Konteye, Rv. 251888; Sez. 3, n. 12664 del 22/02/2006, Tibari Abdel, Rv. 234635; Sez. 5, n. 43342 del 19/10/2005, Sorbo, Rv. 232851), e, a tal fine, il giudice è chiamato a verificare in concreto il presupposto della speciale tenuità, con valutazione censurabile in sede di legittimità solo per mancanza o manifesta illogicità della motivazione (tra le altre, Sez. 3, n. 2685 del 12/10/2011, citata; Sez. 1, Sentenza n. 36299 del 12/09/2001, Giambò, Rv. 219898), tenendo conto, oltre che del valore economico del danno che deve essere lievissimo, ovvero pressochè irrilevante, degli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa dalla condotta delittuosa complessivamente valutata (tra le altre, Sez. 5, n. 7738 del 04/02/2015, Giannella, Rv. 263434; Sez. 4, n. 8530 del 13/02/2015, Chiefari, Rv. 262450; Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014, Lanzini, Rv. 260201; Sez. 2, n. 36916 del 28/09/2011, Perchinunno, Rv. 251152).

    2.2. Nel puntualizzarsi che l’attenuante del danno di lieve entità è applicabile anche ai reati di pericolo, qualora siano plurioffensivi e colpiscano anche il patrimonio (tra le altre, Sez. 5, n. 28157 del 03/02/2015, Lande, Rv. 264917, in materia di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria; Sez. 5, n. 35774 del 01/06/2011, Camponeschi, Rv. 250937, in materia di reato tentato di contraffazione di moneta nazionale; Sez. 5, n. 5540 del 17/12/1996, dep. 1997, Vargas, Rv. 207134, in tema di emissione di assegno a vuoto; Sez. 1, n. 16510 del 17/10/1989, Virdis, Rv. 182670, in materia di incendio), si è osservato che l’eventuale mancanza del danno patrimoniale non esclude comunque la sussistenza del reato quando rimane leso l’altro interesse protetto dalla norma, diverso da quello patrimoniale (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190 in tema di peculato; tra le successive, sullo stesso tema, Sez. 6, n. 30141 del 04/06/2015, Zanetti, Rv. 265745; Sez. 6, n. 26476 del 09/06/2010, Rao, Rv. 248004).

    3. La ricongiunzione di tali principi consente di affermare che il reato ascritto, sanzionando il compimento di attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato ovvero dello Stato confinante in difetto dei presupposti di legge, tutela l’interesse dello Stato alla sicurezza interna e alla cooperazione senza che occorra la realizzazione di un ingiusto profitto da parte dell’agente, il cui perseguimento aggrava, invece, il reato base, che si perfeziona con il compimento di atti volti al potenziale ingresso illegale dello straniero, rimanendo del tutto irrilevante il conseguimento dello scopo.

    4. Non è coerente con tale quadro in diritto lo sviluppo decisionale della sentenza.

    Il Giudice a quo è incorso nella erronea applicazione della legge penale, in quanto, trascurando di confrontarsi con la natura del reato contestato e con la ratio della sua previsione e reputando inerente alla essenza del reato il lucro dell’agente (invece estraneo alla sua struttura di reato pericolo ovvero a consumazione anticipata), ha ritenuto che la l’entità del compenso lucrato, giudicato molto modesto, potesse integrare, in rapporto al corrispondente esborso dei migranti, la attenuante del danno di speciale tenuità.

    Peraltro, coglie, ancora, nel segno il ricorrente laddove obietta che, anche a voler considerare plurioffensivo il reato ascritto, il pregiudizio cagionato ai clandestini nè potrebbe ritenersi lievissimo nè di valore economico irrilevante, in rapporto ai non valutati eventi determinati dall’agente.

    In conclusione la Corte reputa di dover affermare il seguente principio di diritto:

    “in tema di atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso di stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato o di altro Stato della Unione Europea e, in generale, in tema di favoreggiamento della immigrazione clandestina, in considerazione della natura, della entità e della importanza della messa in pericolo degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, la modestia del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito al soggetto attivo del reato, per remunerare la condotta delittuosa, non comporta il riconoscimento della attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità”.

    5. Alla applicazione del principio di diritto enunciato al caso, oggetto del presente scrutinio di legittimità, conseguono:

    a) l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità;

    b) la esclusione della ridetta attenuante;

    c) la eliminazione della relativa diminuzione della pena, siccome quantificata dal Giudice a quo, pari (a un anno, sei mesi di reclusione ed Euro 75.000 di multa e, per effetto della finale riduzione del terzo) a un anno di reclusione ed Euro 50.000 di multa;

    d) la rideterminazione, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), della pena finale nella misura di anni tre di reclusione ed Euro 200.000 di multa, ottenuta, sommando alla pena inflitta dal giudice di merito (in ragione di due anni di reclusione ed Euro 150.000 di multa) l’incremento di un anno di reclusione ed Euro 50.000 di multa, corrispondente alla diminuzione, illegittimamente operata per la attenuante esclusa, restando caducato ex lege il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, essendo la sanzione superiore al limite consentito dall’art. 163 c.p..

  • PQM

    P.Q.M.

    Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, che esclude, ed elimina la relativa diminuzione della pena, la quale resta determinata, con la riduzione del rito, nella misura finale di anni tre di reclusione ed Euro duecentomila di multa.

    Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016.

    Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2017